Cosa significa fare Cicloturismo Inclusivo? Come prepararsi ad accogliere anche i bisogni speciali legati alla disabilità? Cosa vuol dire includere in ambito turistico? Come dovrebbe essere un territorio per essere accessibile e accogliente per “tutti”?
Queste alcune delle domande che hanno animato il workshop di Sabato 10 Giugno a Mirandola, occasione in cui ho avuto l’onore di rappresentare la Fondazione per lo Sport Silvia Parente di Bologna come parte della rete IT.A.Cà Migranti e Viaggiatori all’interno della tappa mirandolese del festival.
Ho raccontato delle attività cicloturistiche inclusive realizzate dalla Fondazione per Lo Sport Silvia Parente, intervallando le spiegazioni tecniche con il racconto dei brividi provati durante le escursioni e i viaggi a cui ho partecipato.
Ho accennato a come per parlare di cicloturismo inclusivo occorra pensare non solo agli strumenti tecnici – le special bike – ma anche alle strategie di pianificazione e di progettazione utili a rendere fruibile un’esperienza a persone che, per le loro caratteristiche, interagiscono con il mondo in modo peculiare. Più di tutto ho cercato di riportare l’attenzione alle relazioni che sono alla base di un’esperienza inclusiva, punto fermo e irrinunciabile per me e per la Fondazione. Tutto questo per ricordare che un’esperienza inclusiva può dirsi tale solo se punta dritto al piacere condiviso, alla godibilità per tutti, e non solo alla fruibilità del fare.
Di questo sono fermamente convinta: se vogliamo includere dobbiamo prepararci a farlo in termini di progettazione e strategie (sopralluoghi ad hoc, ottica multisensoriale, special bike, tandem ecc.) ma soprattutto dobbiamo prepararci a farlo in termini di relazioni e di godimento, di piacevolezza, di bellezza per tutti. E per permettere che ciò accada, siamo chiamati a includere anche prendendoci cura della sicurezza di chi si mette in viaggio e in gioco con una disabilità: così abbiamo ricordato di come per accompagnare un ciclista in handbike o guidare un tandem non ci si possa improvvisare ma occorra formarsi a dovere su ogni aspetto relazionale e tecnico legato alla propria e altrui sicurezza. Perché se da un lato il brivido del pericolo può essere divertente, dall’altro abbiamo bisogno di poterci affidare a chi guida e a chi ci accompagna per goderci l’esperienza.
Ecco che allora un territorio che vuole fare turismo inclusivo deve attrezzarsi con i giusti strumenti, le giuste strutture e i giusti spazi, ma deve soprattutto prepararsi ad accogliere la persona, completa delle sue unicità e dei suoi bisogni. Questo è qualcosa che supera il piano tecnico e basilare dell’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali, è qualcosa che piuttosto pertiene alla relazione, qualcosa che va ben al di là del mero protocollo o della norma di legge.
Speriamo che attraverso il nostro intervento e quelli degli altri componenti di questa bella rete, si si a dato il via ad una riflessione condivisa che porti nuove opportunità di piacere e di accoglienza cicloturistica nelle Valli Mirandolesi, lungo tutta la ciclovia del Sole e ancora più in là.
Per questa opportunità ringrazio la rete It.A.Cà e il comune di Mirandola e soprattutto ringrazio i miei maestri di Cicloturismo Inclusivo della Fondazione Silvia Parente: Matteo Brusa e Davide Valacchi.